I protagonisti di gennaio: il grongo e la murena
Ricetta: Grongo cotto 2 volte
Il grongo (Conger conger) e la murena (Muraena helena) sono pesci di scoglio molto grassi e per questo fanno parte degli ingredienti base della zuppa di pesce. Nell’epoca del benessere questi due pesci, che raggiungono anche dimensioni notevoli, sono diventati sempre meno graditi in tavola. Diminuendo le pressioni di pesca, svolta principalmente con l’utilizzo del palamito e col fucile da sub in apnea (pesca subacquea), questi due predatori hanno finito con il diffondersi notevolmente. Nei parchi marini, dove la pesca subacquea è vietata e la pesca col palamito è notevolmente ridotta, questi pesci sono aumentati a dismisura. Nel Parco delle Bocche di Bonifacio (Corsica-Francia), per evitare rischi di squilibri nelle reti trofiche, causate dalla spiccata voracità di questi predatori, si incentiva il prelievo di questi pesci, concedendo ai pescatori ricreativi di oltrepassare i 5 kg giornalieri pro-capite proprio nel caso di cattura di gronghi e murene.
Gronghi e murene sono però considerati animali carismatici dai sub ricreativi che godono del fatto di poterli osservare pacificamente rintanati nella loro tana durante le immersione diurne.
Anche nell’AMP Isola di Bergeggi i due anguilliformi abbondano e può addirittura capitare di osservarne 2 o 3 esemplari delle 2 specie nella stessa tana.
Il protagonista di febbraio: il polpo
Ricetta: Polpo in umido
Il polpo (Octopus vulgaris) è una risorsa veramente amata da tutti, dai buon gustai, dai pescatori e dai subacquei naturalisti (ovviamente in questo caso più da vivi). Il polpo è un mollusco molto intelligente, che vive circa un anno, e che può superare i 6 kg di peso, cibandosi principalmente di granchi. La femmina muore dopo la prima riproduzione in estate perché, impegnata nella tana a difendere le uova fino alla schiusa, smette di cibarsi. Il maschio, che potrebbe fare il “Don Giovanni” per anni, invece, muore anche lui perché intossicato dagli scarti del metabolismo delle proteine. E’ proprio quindi il caso di dire: fedeli per destino più che per vocazione. Per quanto lo sforzo da pesca sulla risorsa polpo sia estremamente elevata, soprattutto da parte dei ricreativi, la favorevole storia biologica della specie (l’elevato successo riproduttivo e l’elevato tasso di turn over) fa si che il polpo non sia ancora in uno stato di sovra pesca. Ciò non vuol dire che non si potrebbero migliorare le cose, tutelando per esempio gli esemplari di taglia piccola (tipici estivi). ln Europa, infatti, non esiste ancora una taglia minima di cattura per il polpo del Mar Mediterraneo.
A Bergeggi il polpo è oggetto di pesca soprattutto dagli accaniti pescatori ricreativi, che usano il “macaco” (una lenza a mano con esche morte e oggetti appesi): il nome è dovuto probabilmente al fatto che per pescare è necessario muovere su è giù le esche attraverso il ripetuto brandeggiare dell’avanbraccio.
Questa ricetta si presta particolarmente bene anche con polpi di grossa taglia, pertanto dimentichiamoci i sughetti con i “ragnetti” estivi e … buon appetito!
I protagonisti di marzo: i barracuda
Ricetta: Barracuda marinato al pepe rosa con cuori di carciofo e bottarga
Sono due le specie di barracuda che più frequentemente si trovano sui banchi delle pescherie: il barracuda Sphyraena viridensis (solitamente di taglia più grande – può superare anche gli 8 kg, caratterizzato da evidenti bande scure trasversali lungo il corpo) ed il barracuda Sphyraena sphyraena (solitamente di taglia più contenuta e dalla colorazione più omogenea grigioargentea).
Sono entrambi temibili predatori ‘piscivori’ (si cibano preferibilmente di altri pesci) e vengono pescati, sempre più facilmente, anche in Liguria. Come gran parte delle specie predatrici (come i dentici, le cernie, etc), i barracuda hanno carni di alto pregio ma, siccome sono ancora poco noti al consumatore medio, è possibile acquistarli ad un prezzo ragionevole.
Sono pesci buoni in tutti i modi, ma si consiglia di sperimentarli al forno, lessi, o crudi (anche in tartare) e marinati. Sono pesci più facili da catturate con il mare calmo e stabile. Sono catturati dai pescatori artigianali con le reti da posta, con le reti a circuizione e dai ricreativi con la traina e lo spinning.
Va detto che sono diverse le specie di muggine (o cefalo) pescate in Mediterraneo e quindi in Liguria. La qualità delle loro carni dipende spesso dalla qualità delle acque che frequentano. Il muggine dorato (detto anche tacca d’oro) frequenta solitamente le acque aperte, più pulite certamente rispetto ai porti o agli scarichi fognari, dove si possono trovare altre specie di muggine, specialmente nei tratti di mare prospicienti i centri abitati.
Il protagonista di aprile: il cefalo
Ricetta: Cefalo al forno con succo di melograno e mentuccia
Delle 6 specie di cefalo presenti in Mar Ligure il cefalo comune (Mugil cephalus) è il più grasso.
Un luogo comune, ancora molto diffuso in gran parte dell’Italia, attribuisce erroneamente al cefalo la frequentazione di acque malsane e inquinate. Per spezzare una lancia nei confronti di questo pesce, ingiustamente bistrattato, basta dire che il branzino si ciba di cefali, ma è considerato invece, nell’immaginario collettivo, un pesce pregiatissimo. L’orata stessa, in quanto ghiotta di muscoli (cozze) è inevitabilmente una assidua frequentatrice dei porti, ma è considerata un pesce squisito. I cefali, quando sono pescati in zone poco inquinate (ad esempio non all’interno o in prossimità dei porti) sono pesci straordinari; lo sanno molto bene in Sardegna, dove riscuotono grande successo. Il più quotato cefalo dell’oro (Liza aurata), conosciuto anche come dorino, è nel complesso più magro. I cefali sono squisiti in tutti i modi, lessi, crudi, al forno, sfilettati e fritti (V. ricetta del pesce lama), affumicati, salati. D’altra parte, nel “Mare in pentola” (Davidson A., 1972) del tonno rosso scriveva: <<….. la carne del tonno è molto soda e compatta, e piuttosto indigesta…….>>, mentre oggi è considerato uno dei pesci più squisiti. Certo è che visto che il valore del pescato è anche dettato dalla quantità di cattura, il fatto di catturarne di meno, può far salire il prezzo, e l’aumento del prezzo può provocare una artificioso aumento della richiesta di mercato, in
quanto identificato come status symbol. Le regole di mercato sono sempre le stesse (ahimè), ma di certo è un errore gravissimo affrontare il marketing delle risorse da pesca (che sono risorse naturali selvatiche) come se fossero borsette firmate per ricche signore.
I protagonisti di maggio: i sugarelli
Ricetta: Sugarelli marinati
I sugarelli (Trachurus trachurus, Trachurus mediterraneus, Trachurus picturatus), anche conosciuti come soralli (nel ponente ligure) o suelli (nel levante), fanno parte della famiglia dei carangidi, a cui sono ascritti fra l’altro ospiti d’onore come la leccia (Lichia amia), la ricciola (Seriola dumerili), e tanti altri pelagici noti, oltre che per le abitudini migratorie, anche per la squisitezza delle carni.
Il sugarello, ahimè, fa parte della categoria dei pesci “dimenticati” (usiamo il termine dimenticato per non usare termini offensivi come “povero”). Il polpo (Octopus vulgaris), per esempio, è oggi ricercatissimo, ma nei secoli passati non faceva parte dei sogni culinari collettivi della gastronomia marina. In altri mari, come per esempio l’Oceano Pacifico, i sugarelli (dello stesso genere dei nostri) trovano il giusto pubblico, e sono riconosciuti come dei pesci dalle carni prelibate, ed in Giappone addirittura raggiungo prezzi per noi impensabili.
Se disponete di sugarelli freschissimi, potete sfilettare i singoli individui, per poi spellare ogni singolo filetto. Il modo più semplice per spellare un filetto di pesce, è quello di poggiarlo con la pelle su un tagliere, impugnare la pelle dal lato caudale del pesce, entrare nella carne del pesce con la lama di un coltello flessibile e stretto e avanzare in direzione coda – testa, tenendo in tensione la pelle del pesce con una mano e contemporaneamente avanzando con la lama verso la posizione apicale del filetto, applicando una certa forza verso il basso, in modo da deformare la mezza sezione del filetto e far si che il coltello stacchi la pelle dalle carni approfittando dell’invisibile strato di grasso sotto cutaneo. Nel caso in cui voleste privare di tutte le lische il filetto, potrete spellare prima il filetto dorsale e poi il ventrale, entrando nella carne con il coltello percorrendo l’asse di simmetria del filetto, o meglio il prolungamento della proiezione della linea laterale (accarezzando con le dita la carne nuda del filetto percepirete le spinette che originariamente si inserivano sulla colonna vertebrale). Su internet esistono delle lezioni di sfilettamento straordinarie. In linea di massima considerate che nessuno ha ragione assoluta a dire in che direzione sia meglio procedere, se dalla coda verso la testa o viceversa, ma la pratica vi aiuterà ad approcciare pesci di diversa forma e dimensione nel miglior modo.
Anche senza acquistare i più costosi coltelli dedicati, nelle coltellerie esistono degli ottimi coltelli che faranno al caso nostro; gli optional come il manico galleggiante o l’impugnatura in legno di betulla non cambiano il risultato nella performance e a nulla servono se operiamo esclusivamente in una cucina moderna. Invece, il desquamatore (sia con la cassetta raccogli squame che senza) è un attrezzo sempre economico ma di grande utilità.
Il protagonista di giugno: il pesce lama
Ricetta: pesce lama “fritto” al forno
Il pesce fritto piace a tutti, ma nelle piccole abitazioni urbane è realizzato sempre meno. Un buon compromesso è quello di impanarlo e passarlo al forno. Il pesce lama (Lepidopus caudatus) è un bel pescione argentato, noto come pesce bandiera in Campania, spatola nello Stretto di Messina, sciabola in altre regioni. A Bergeggi, vista la vicinanza con profonde fosse è presente tutto l’anno, mentre in altre zone fa parte del pescato dei pescherecci a strascico d’estate e dei tremaglini o pescatori di lenza (palamito) d’inverno. Fa anche parte del pescato dei ricreativi a vertical jigging. Ha una carne straordinaria ed ha un’anatomia che sembra fatta apposta per essere sfilettato con facilità. Visto che è stretto e lungo, e visto che abitualmente lo si taglia a “tranci”, lo si sfiletterà a pezzi. I processi vertebrali sono abbastanza accentuati e perciò risulta più agevole procedere con la lama del coltello in direzione trasversale (dorsoventre) e non longitudinale. Normalmente ospita un sacco di specie diverse di parassiti (vermetti), pertanto per legge deve essere eviscerato in alto mare appena pescato per evitare il passaggio degli ospiti dall’apparato digerente ai muscoli. E’ un pesce ottimo e facile da cuocere; a Messina, con i filetti ne fanno degli spiedini idilliaci detti “braciole”. Gli eventuali avanzi del “fritto” possono essere messi in carpione.
I protagonisti di luglio: zerri, mensole e bughe
Ricetta: “pesciolini” alla giadda (o in carpione)
Gli zerri (Spicara smaris), le mennole (Spicara maena) e le bughe (Boops boops) possono essere catturati per legge dai 7 cm di lunghezza totale (L.t) in sù. Finché era consentito operare con la rete a sciabica (da spiaggia o da natante), si preparavano alla giadda anche piccoli pesci fra cui il famoso cicerello di Capo Noli e Bergeggi, che potevano essere fritti senza dover essere eviscerati, purché freschissimi. Gli zerri piccoli venivano tradizionalmente chiamati in Liguria pignueti e costituivano una vera e propria ghiottoneria da fritti.
I piatti a base di aceto di vino erano molto usati nel passato, soprattutto prima che fossero inventati i frighi. Nell’ultimo decennio, in Italia, a parte nei pochi capisaldi ancora legati alla cultura contadina, l’aceto di vino è passato di moda, e si preferisce consumare l’aceto balsamico (che è un’altra cosa rispetto all’aceto ed è culturalmente confinato al ridottissimo territorio modenese). Di fatto ci stiamo disabituando ai sapori acidi dovuti all’acido acetico; in questa ricetta sarà però possibile, in base ai gusti personali, ridurre la quantità di aceto consigliata o usare aceti a basso contenuto di acido acetico (come l’aceto di mele), ricordandosi che riducendo l’aceto diminuiranno i tempi di conservazione della vivanda. Col passare dei giorni l’acido acetico ammorbidisce le lische dei pesciolini dissolvendo in soluzione il carbonato di calcio.
Terminata la preparazione, non commettete l’errore di versare l’olio di frittura nella rete domestica delle acque bianche o nere, poiché è vietato dalla legge e perché, convogliandolo alle isole ecologiche, potrà essere usato per produrre saponi, biofuel o energia elettrica.
Il protagonista di agosto: il tombarello
Ricetta: Capponada alla ligure con musciame di tombarello
E’ un piatto di origine marinaresca. E’ molto versatile, può essere un antipasto, oppure un piatto unico. L’abbinamento mare – terra è tipico della cucina ligure. Storicamente veniva preparato con il musciame di delfino, che oggi è vietato. Se piacciono i sapori forti, si ottengono degli ottimi risultati anche con gli sgombri cavalla (Scomber colias) o i tombarelli (Auxys rocheji). Nel caso di gusti più fini si potranno usare pesci più delicati, certo è che una volta mischiato il pesce salato a pezzettini con i pomodori, le gallette del marinaio e le uova sode il sapore viene molto smorzato. Il metodo di salagione nei ricettari on line viene chiamato “marinatura alla norvegese in sale e zucchero”, ma riprende i metodi tradizionali di salagione dei filetti di pesce e nulla ha che vedere con la marinatura (che vuole cuocere la carne per ossidazione chimica con acido (acetico o citrico)). Possono essere salati filetti di pesce con la
pelle, trance, filetti spellati. Attenzione perché i tempi di salagione dipendono più in generale dallo spessore del pezzo di pesce, dalla consistenza delle carni, e dal fatto se c’è la pelle o no.
Lo zucchero utilizzato insieme al sale (mischiati al 50%) aiuta a disidratare le carni, senza salare troppo la carne del pesce. Arrivati a un soddisfacente stato di disidratazione (senza esagerare) si rimuoveranno il sale e lo zucchero, aiutandosi anche con dell’acqua, si asciugheranno i filetti e si procederà con la ricetta o si riporranno in frigo. Il pesce disidratato è ottimo anche mangiato così a pezzi, senza condimento, accostandosi molto bene con i vini bianchi più corposi e un poco acidi.
Il protagonista di settembre: il tonnetto alletterato
Ricetta: Tonnetto alletterato crudo a dadini con battuto di capperi e acciughe
Il tonnetto alletterato (Euthynnus alletteratus) è un pesce pelagico di dimensioni medie (raggiunge al massimo 15-20 kg), ma più frequentemente in Liguria si rende disponibile alla cattura avvicinandosi a terra nei mesi di maggio e settembre – ottobre; la taglia media è di 1-1,5 kg. E’ un pesce dalla carne straordinaria, che ingiustamente è stato considerato un pesce di scarsa qualità perché ingiustamente incolpato di avere molto muscolo rosso e quindi troppo sangue. Per chi non lo conosce si consiglia di considerarlo una via di mezzo tra la palamita e il tombarello, ma più simile alla palamita. Come tutti i medi pelagici (pesce azzurro) è ottimo messo sott’olio ed è straordinario crudo, marinato e in tartare. Anche lesso rappresenta una buona variante ai soliti pesci. Per distinguerlo dai suoi simili (tombarello, palamita, tonno rosso di taglia illegale) bisogna cercare sul ventre delle macchie scure a forma di ditate
(immaginiamoci un dalmata con macchie ombreggiate distribuite nella metà anteriore toracica).
Per il consumo del pesce crudo occhio ai parassiti!
Il protagonista di ottobre: la palamita
Ricetta: crudo di palamita in letto di porcini e parmigiano
La palamita (Sarda sarda) fa parte a pieno titolo dei pesci “ritrovati”, per il fatto che da alcuni anni viene consumata cruda con risultati inaspettatamente buoni. La palamita, di tutti i medi pelagici, ha le carni bianche ed equilibrate, ma sempre rimane un pesce azzurro, cioè da cotta, tira fuori dei vaghi sentori di sapore forte. E’ ottima lessa, e cotta in padella in umido, al forno, e impanata e fritta. Conviene prestare assoluta attenzione a rispettare i ridottissimi tempi di cottura; per questo è molto più facile esaltarne le proprietà cuocendola da sfilettata (in modo da rispettare i tempi di cottura relativi ad uno spessore il più costante possibile). E’ da cruda che da il massimo di se, come in tartare o marinata. Nel caso in cui si riesca a mettere le mani su dei funghi porcini freschi ed un pesce freschissimo vale la pena di fare questo esperimento, visto tra l’altro che la carne di palamita fresca, praticamente non ha sapore di pesce.
Per il consumo del pesce crudo occhio ai parassiti!
Il protagonista di novembre: la cavalla
Ricetta: “cavalle” affumicate al rosmarino
Un noto direttore di parco marino, gran “forchetta”, assicura buoni risultati anche utilizzando la segatura per conigli nani e affini (mascotte da casa). Certo è che i trucioli appositamente dedicati, che devono essere realizzati da legni particolari, comunque non trattati da prodotti chimici di alcun tipo, in vendita in ogni negozio di articoli per la pesca ricreativa, sono ottimi e abbastanza economici.
Per il consumo del pesce crudo occhio ai parassiti!
I protagonisti di dicembre: i “pesci bianchi” da squama
Ricetta: Pesce bianco alla bergeggina
Per pesce bianco si intendono quei pesci dalla carne bianca, di squama, che vivono nella fascia costiera in vicinanza dello scoglio. Ne fanno parte le orate, le tanute, i saraghi, i dentici. Delle 4 specie di saraghi presenti a Bergeggi, il sarago maggiore è il più pregiato: oltre alla squisitezza della carne, raggiunge anche taglie interessanti (prossime a 1,5 kg). Curiosità relativa al sarago maggiore è che uno ogni tanto (con una frequenza comunque superiore ad 1/5), una volta cotto rimane duro come la gomma. Invece, nel caso in cui si decidesse di consumarlo crudo, semi marinato o marinato, non rimane mai duro. Ciò è molto sgradevole, soprattutto se l’animale deve essere consumato al ristorante, tanto da far crollare il prezzo e la richiesta di saraghi maggiori.
Speciale Polpo
Il polpo (Octopus vulgaris) è un mollusco cefalopode dall’elevato valore economico. Di norma nei mercati ittici liguri supera i 14 euro al chilo.
Studi sulla biologia del polpo indicano che questa specie ha una vita di circa un anno. Le femmine, una volta raggiunta l’età di maturità sessuale dopo circa 12 mesi, si riproducono e muoiono mentre i maschi muoiono anch’essi nello stesso intervallo di tempo a causa dell’accumulo di metaboliti azotati difficilmente smaltibili.
La femmina del polpo produce un alto numero di uova che vengono difese dalla stessa fino alla schiusa, assicurando una ottima percentuale di reclutamento.
L’accrescimento del polpo è molto veloce e può superare i 6 kg di peso.
Il polpo grazie ad un turn-over abbastanza breve (circa un anno) e a un buon successo riproduttivo non è in evidente stato di sovra pesca. Per questo motivo in Mediterraneo non esistono taglie minime di cattura per questa specie di mollusco. Tuttavia è sufficiente la cattura di individui di taglia ridotta, come accade ad esempio nel periodo estivo per l’aumento della presenza di pescatori dilettanti, per impattare notevolmente lo stock.
Dal punto di vista del consumo, negli ultimi 40 anni il consumo di polpo ha avuto un importante aumento grazie al fatto che risulta essere estremamente facile e veloce da cucinare ed è “facile” da mangiare (in quanto che non ha spine). Inoltre, un eventuale processo di congelamento altera pochissimo le sue caratteristiche organolettiche. Per questo motivo esiste un’elevata importazione di polpi congelati provenienti dall’Atlantico e più in generale dai mari temperati e caldi del mondo.
Il polpo è una specie bersaglio di pesca da numerose tipologie di pescatori: il subacqueo sportivo, il dilettante (sia da natante o da riva), il professionista. Per contro lo sviluppo dell’allevamento intensivo di questa specie in Mediterraneo ha presentato numerose difficoltà.
I principali metodi di cattura del polpo sono vari in funzione di chi opera la cattura: il pescatore dilettante utilizza la fiocina e le polpare (innescate con varie esche tra cui il granchio, lo straccio bianco e la zampa di gallina), mentre il professionista utilizza solitamente le reti da posta fisse. Le nasse, nonostante siano un attrezzo storicamente utilizzato per la cattura di questo mollusco, stanno attraversando un momento di disuso sia da parte dei pescatori dilettanti che dai professionisti.
In particolare il polpo si avvicina alle reti per mangiare i pesci catturati dall’attrezzo stesso e, non avendo scheletro, scaglie o conchiglia esterna, non rimane imbroccato o intrappolato dalle maglie della rete e, in caso di pericolo, tende a staccarsi dalla rete e nuotare via. Per questo motivo per la sua cattura il pescatore deve prestare particolare attenzione al momento della salpa della rete al verricello.
Il fatto che in Liguria gli operatori della piccola pesca operano comunemente da soli a causa degli scarsi redditi, le possibilità di catturare questa specie diminuiscono e appaiono piuttosto casuali. Per contro il pescatore dilettante, facendo leva sul fatto che questa specie è molto
curiosa, dedica sempre più spesso le sue tecniche di pesca alla cattura esclusiva del polpo. E’ risaputo che una elevata frazione dei polpi freschi commercializzati nei punti vendita al dettaglio o somministrati dalla ristorazione provengono da un mercato illegale basato sulla
pesca “sportiva”.
Si ringraziano:
Graziella Camia
Simonepietro Canese
Carola Cappucciati
Mariarosa Costa
Fulvio Garibaldi
Piero Magnone
Lo Zio Romano
Per la revisione dei testi si ringraziano Carola Cappucciati, Paolo Guidetti, Tiziana Ferrando e
Riccardo Cattaneo Vietti.
A cura di Simone Bava ed Elena Taddeo.