Lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche e più in particolare la pesca di esemplari di specie economicamente ed ecologicamente importanti hanno determinato un pesante impatto sulle popolazioni di specie bersaglio (diminuzione della densità e/o della taglia media) e scompensi di intere comunità naturali. Quasi tutte le specie oggetto di pesca, infatti, sono predatori, la cui drastica diminuzione si ripercuote sulla struttura e sulla dinamica delle intere comunità di cui fanno parte.
Da questa evidenza è scaturita l’esigenza di regolamentare le attività di pesca.
Le catene alimentari implicano, secondo un modello classico, un controllo indiretto top down di specie predatrici (pesci carnivori) su specie basali (alghe) attraverso la predazione di specie erbivore (es. ricci di mare). Nel caso in cui i predatori di ricci di mare vengano pescati in larga quantità, i ricci possono aumentare drammaticamente in densità e brucare quindi più intensamente le alghe fino alla formazione dei barren (substrati rocciosi nudi o a parziale copertura ad alghe rosse incrostanti) sui fondali rocciosi sublittorali. Questo processo induce una “desertificazione” dei fondali rocciosi, cioè una profonda alterazione con diminuzione di biodiversità e variazione del funzionamento ecosistemico.
Con una pesca non regolamentata, a livello di stock (quella frazione della popolazione suscettibile alla cattura) si nota una diminuzione della densità di individui e della loro taglia media: ciò causa una drastica diminuzione del potenziale riproduttivo dei singoli individui e quindi la capacità delle popolazioni stesse di rinnovarsi e mantenersi.
Questi effetti divengono ancor più preoccupanti per le specie ermafrodite insufficienti, che invertono il sesso ad una certa taglia; ecclatante l’esempio della cernia bruna (Epinephelus marginatus): pescando gli individui più grandi, si selezionano prevalentemente i maschi, lasciando una densa popolazione di cernie costituita da sole femmine che, ovviamente, non può assicurare il mantenimento di una popolazione vitale nel tempo.
Tecniche di pesca che impiegano strumenti scarsamente selettivi possono causare bycatch, cioè lo scarto di pesca dovuto a quella frazione di pescato non commercializzabile (specie prive di valore economico, specie protette e esemplari sotto-taglia cioè di lunghezza inferiore alla lunghezza minima di cattura).
Il divieto e la regolamentazione della pesca apportano benefici alle popolazioni delle specie bersaglio (aumento della densità e della frequenza di individui di taglia maggiore). Per questo motivo tali specie vengono considerate come potenziali indicatori ecologici degli effetti della protezione e dei divieti di pesca: avendo il ruolo ecologico di predatori piscivori, il loro recupero si riflette a livello dell’intera comunità ittica.