Concretamente dove sono e come stanno le patelle trasportate ed ospitate fino ad oggi? Dagli ultimi aggiornamenti dello scorso marzo dai nostri colleghi biologi e partner ReLife, a parte tre sfortunati decessi sembra che tutti gli altri esemplari, ospiti nelle vasche appositamente adattate e continuamente monitorate del laboratorio CNR-IBF di Camogli affinchè si riprendano dallo stress post-trasloco, si muovano e mangino anche più di prima!
Ebbene, come si spostano e di cosa si nutrono le patelle? Caratterizzate da una conchiglia conica, circolare, con costolature marcate e colore variabile (tipicamente rossastro nella specie), possiedono sul lato ventrale un muscolo piatto e robusto (“piede”) che insieme al muco secreto dalle ghiandole in esso presenti garantisce ad esse un’incredibile aderenza alle rocce esposte alla marea (di cui sono tipiche abitanti, come è ben noto ai frequentatori del litorale), e altresì ne consente la locomozione. Di fatto, contraendo il piede, le patelle (e così la maggior parte dei molluschi gasteropodi di substrati duri) possono rivelarsi insospettabilmente veloci! In particolare, si è visto che durante l’alta marea l’animale può allontanarsi anche di un metro e mezzo verso la sua zona di “pascolo”, ma quando la marea scende, tende a tornare alla sua “residenza”. Questo comportamento (in inglese, homing), forse più inaspettato da parte di molluschi ma già conosciuto per altri animali, si baserebbe sul riconoscimento di sostanze chimiche contenute nella scia di quel muco rilasciato durante il percorso ed eviterebbe ad esse di rischiare l’essiccamento, direzionando infatti ciascuna di nuovo al suo solco roccioso eletto come rifugio. Inoltre, sempre grazie al piede possono adattare la conchiglia alla cavità accomodandosi perfettamente, ed intrappolando contemporaneamente un pò d’acqua in essa, sono capaci così di sopravvivere anche a lunghi periodi di emersione.
Ma è con la “radula”, una lamina cartilaginea con file di dentelli cornei rinforzati da ferro e silicio, che le patelle raschiano dalla roccia i vegetali di cui generalmente sono ghiotte: di solito minuscole alghe, che in parte digeriscono rilasciando enzimi nell’ambiente esterno. In effetti, si è osservato che grazie alla radula possono ridurre o limitare anche parecchio la copertura algale! A riguardo, un’ultima curiosità: sembra che le patelle ritrovate in ambienti idrotermali “ospitino” sulle branchie dei batteri, simbionti e del tipo solforosi, che evidentemente le aiutano a metabolizzare lo zolfo ivi disciolto.
Tornando alle “nostre” patelle, i vari tentativi di farle riprodurre inducendone spontaneamente il rilascio dei gameti con tecniche diverse (sperimentalmente già usate su una specie affine) sinora purtroppo non hanno invece avuto successo, a parte una positiva reazione su tre individui maschi. Forse, necessitano di ulteriore tempo per l’adattamento o, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero aver superato ormai il momento riproduttivo per quest’anno. Nonostante ciò, si attende speranzosi il prossimo potenziale periodo riproduttivo, di fatto già piuttosto vicino (in autunno), augurandosi che sia finalmente quello giusto. Se così fosse, alcune delle giovani patelle potrebbero giungere nella primavera dell’anno prossimo nell’AMP del borgo diventando, così, “Bergeggine”!