Gli impatti della subacquea sull’ambiente dipendono dalla frequentazione, dalla vulnerabilità di specie e habitat presenti, ma soprattutto dalla coscienza ambientale dei singoli divers.
La vulnerabilità di specie e habitat è legata ai singoli individui che ne fanno parte e quindi alla vulnerabilità dei singoli organismi, alla loro sensibilità ai fattori perturbanti, allo stato in cui versano e la loro probabilità di esposizione al fattore perturbante.
L’impatto diretto della frequentazione subacquea sugli ecosistemi marini è dovuto fondamentalmente a stress meccanici (urti, abrasioni, emissioni di bolle e risospensione del sedimento). L’attività subacquea è soprattutto dannosa nelle grotte marine in cui è facile provocare, anche involontariamente, danni e dove le bolle d’aria rilasciate dagli autorespiratori si concentrano sulle volte, provocando l’inevitabile morte e successiva necrosi dei popolamenti presenti.
In un parco marino egiziano sono stati condotti studi per determinare il tasso di danneggiamento dei coralli da parte dell’attività subacquea e per valutare l’efficacia dell’educazione ambientale nel ridurli. In uno studio un gruppo di subacquei italiani, con un brevetto di primo o secondo livello, venne seguito e osservato per sette minuti di immersione e venne contato il numero dei loro contatti con il substrato. Alla fine della terza immersione fu fatto un briefing riguardante vari aspetti della biologia dei coralli, dell’impatto su di essi da parte dei sub e del concetto di area protetta; venne anche mostrato come fosse possibile entrare in contatto con una porzione significativa di substrato in un reef, senza causare danni.
Dopo questo briefing fu ripetuta l’operazione di monitoraggio e classificazione dei contatti da parte dei sub. Un solo briefing di consapevolezza ambientale ridusse il tasso di contatto da parte dei sub nei confronti del substrato di circa il 30%. Allo stesso tempo la percentuale di contatti volontari e quindi maggiormente diretti a substrati non viventi, aumentò di circa il 60%. Come risultato anche la percentuale di contatti con i coralli vivi diminuì.
I risultati ottenuti in questo studio confermano che il comportamento dei sub può essere influenzato dall’informazione specifica e il loro impatto può diminuire considerevolmente. Inoltre, minimizzare il danno che i sub causano sott’acqua riduce l’impatto e quindi aumenta la capacità di carico dei siti di immersione.
Uno studio, condotto nel Parco Marino della Grande Barriera Corallina Australiana, evidenzia l’impatto causato da differenti tipologie di subacquei a barriere coralline vulnerabili.
Subacquei ricreativi vennero seguiti per 10-15 minuti e vennero registrati danni ai coralli; inoltre, vennero raccolti dati sul luogo di immersione, l’esperienza dei sub, il sesso e l’eventuale uso di macchine fotografiche subacquee. I risultati evidenziano che la maggior parte dei danni sono causati dal movimento delle pinne, da subacquei di sesso maschile e che la frequenza dei danneggiamenti è maggiore nei primi dieci minuti di immersione. In media i subacquei dotati di apparecchiatura fotografica causano danni maggiori di quelli senza.
In particolare risulta che i fotografi professionisti sembrano troppo interessati al raggiungimento dei loro scopi e il fare fotografie belle spesso supera l’attenzione ai possibili danni.
Le donne tendono ad essere più attente a non venire in contatto con gli organismi presenti, ad usare più le mani piuttosto che le pinne per sorreggersi. Gli uomini, invece, tendono ad essere più “avventurosi” e a seguire meno le istruzioni date loro nel briefing. Infine, si può affermare che non ci sia relazione tra l’esperienza dei sub e d il comportamento in grado di provocare danni. Questo studio ricorda un pò il miglior trattamento economico nei confronti del gentil sesso per la polizza RC Auto in alcune compagnie assicurative!
Da questo studio emerge la necessità di dare precise indicazioni di comportamento ai subacquei (primi fra tutti a quelli di sesso maschile ed ai fotografi) prima dell’immersione, e di mettere in condizioni i subacquei di poter regolare il loro assetto senza causare danni.
E’ indubbio che il turismo subacqueo di massa, quando raggiunge concentrazioni troppo elevate, provoca un reale degrado ed è necessario pretendere dal subacqueo un comportamento corretto. Il sub è propenso a toccare, rompere e spesso prelevare gli organismi più appariscenti (spugne, coralli, gorgonie, briozoi, molluschi, stelle e ricci di mare) spesso per raccogliere souvenir o per approvvigionamento di acquari privati. La legge vieta il prelievo d’organismi!
Fra gli impatti diretti della subacquea si può considerare anche il fish feeding, cioè offrire cibo ai pesci: questo provoca un cambiamento nel comportamento degli animali (rendendoli inoltre più vulnerabili nei confronti dell’uomo) ed un possibile aumento della loro aggressività, pertanto è vietato! E’ stato documentato che un cambiamento di dieta non giovava nemmeno alla salute dei pesci stessi. Parlando di questo comportmento scorreto a rigor di cronaca, si narra che un gruppo di note cernie sia stato ingrassato per diversi anni, con uova sode, coscie di pollo e addirittura latte in un famosissimo parco marino mediterraneo!
Fra gli impatti indiretti delle attività subacquee si considera inevitabilmente l’ancoraggio delle unità navali utilizzate (vedi sezione Diporto nautico).
Nell’AMP Isola di Bergeggi, prima dello svolgimento delle visite guidate subacquee, il centro di immersione è tenuto a svolgere un adeguato briefing dell’immersione, all’interno del quale i contenuti relativi ai comportamenti da adottare sott’acqua sono prioritari!
All’interno dell’Area Marina Protetta puoi effettuare visite guidate oppure immersioni individuali in apnea. Tale attività deve essere appositamente autorizzata dall’Ente gestore.